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 Corso Istruttore Metodica Yoga Ginnastiche UISP Salute Benessere a Lucca

(inizio 30/31 Gennaio 2021) posticipata alla riapertura delle palestre

yoga porte aperte  2020, 20 anni di YANI (lezione)

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Meditazione settimanale a distanza

il giovedi dalle 20:30 alle 21:30 (Costanza 348 5703187)

 

Corsi e orari

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CENTRO YOGA NIKETAN

 

( settembre 2020 - Giugno 2021 )

 

I corsi sono organizzati secondo il protocollo applicativo Covid-19

 

Meditazione della Luna Piena

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Ogni Luna Piena

Ore 20,30

presso il Centro, salvo indicazioni differenti.

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IN OTTEMPERANZA ALLE NORME COVID19, SI ACCEDE ALLA MEDITAZIONE SOLO SU PRENOTAZIONE TELEFONANDO AL 348 5703187.

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Il SILENZIO: PARTORIRE LA PIENEZZA

John Martin Sahajananda

Scrivere sul silenzio o parlare del silenzio è una contraddizione. Nel momento in cui parliamo o scriviamo del silenzio, esso scompare. Il silenzio non è un oggetto. Non è qualcosa che possiamo acquisire o possedere. Il silenzio è. E' come il sole che irradia la sua luce. Possiamo solamente entrare nella sua presenza e permettere che trasformi la nostra vita. Perciò non dirò del silenzio, ma solo proporrò come entrarci e fare si che si manifesti nelle nostre vite.

La natura del nostro vero sé è silenzio, onnipervadente. La natura del silenzio è dispiegamento. Se le nostre menti fermano il loro continuo chiacchiericcio, possiamo ascoltarlo. Il rumore delle nostre menti proviene da fonti diverse. Esso può arrivare dai desideri che nascono dalla nostra ignoranza e dal nostro senso di incompletezza. Può derivare dai nostri desideri frustrati e da ferite emozionali. Fondamentalmente, il rumore della mente nasce dalla spinta dell'ignoranza e del desiderio. Una spinta che crea oggetti del desiderio e la loro conoscenza. Questa conoscenza, a sua volta, dà origini a modi per ottenere gli oggetti dei nostri desideri; modi che creano sforzi; sforzi che creano il tempo psicologico; e questo tempo, infine, crea sofferenza. Quando questa spinta dell'ignoranza e del desiderio cessano, allora apriamo la porta al silenzio. In questo silenzio noi diamo vita alla saggezza, alla pienezza, alla libertà e all'Amore. La nostra vita diviene una vita di dispiegamento. Il silenzio è il linguaggio dei saggi. Tutti i loro insegnamenti sono solo un invito al silenzio.

Tutte le tradizioni spirituali insegnano che la via attraverso la quale entrare nel silenzio ed incontrare la Verità o il Divino o la Fonte della nostra vita è quella di far tacere i nostri desideri. Dobbiamo distinguere due tipi di desiderio: i desideri che nascono dalla nostra pienezza e quelli che sorgono dalla nostra incompletezza. Quando parliamo di mettere a tacere i nostri desideri, vogliamo dire i desideri che derivano dall'incompletezza.


La Isa Upanishad della tradizione Vedica afferma che l'intero universo è permeato dall'intelligenza divina; rinuncia e gioisci. Significa che Dio è dappertutto ed ogni cosa ed ognuno vivono in Dio ed hanno il loro fondamento in Dio. Significa anche che, nello stato ultimo, tutto è uno con Dio. Siamo nell'ambito dell'advaita-non dualità. Ma noi viviamo nell'ignoranza. Questa ignoranza produce desideri (contro la nostra dignità umana) che trascinano la consapevolezza umana lontano da questa unità. Questi desideri producono il tempo psicologico che, a sua volta, produce sofferenza. Il grande saggio Indiano Jiddu Krishnamurthy ha detto: “il tempo è sofferenza”. I saggi delle Upanisad invitano gli esseri umani a rinunciare all'ignoranza ( cioè al desiderio, al tempo psicologico, alla sofferenza) che sta fuori di Dio o separata da Dio, per scoprire l'essenziale unità-non dualità. Allora la vita nel mondo sarà una vita di gioia. Se gli esseri umani vivono a partire da questa unità, le azioni ( karma-reincarnazione ) non sono più imprigionanti. Essi possono vivere senza paura di perdere niente, senza l'avidità di ottenere guadagno. Buddha parlò del desiderio come causa della sofferenza e invitò a fermare il movimento del desiderio, per aprirsi alla Libertà, al Nirvana, al Vuoto e alla Saggezza.


Gesù Cristo ha affermato “il regno di Dio è vicino, pentitevi”. Il regno è la presenza universale e inabitante di Dio. E' esperienza dell'unità con Dio, nella quale si può dire “Io e Dio siamo uno”. E' la trasformazione della nostra vita nella vita di Dio, delle nostre azioni in azioni di Dio; la nostra normale vita quotidiana in una vita straordinaria; la nostra vita secolare in una vita sacra, le nostre normali azioni in rituali sacri. Il pentimento è la rinuncia alla nostra ignoranza, che ci fa percepire come esterni o separati da Dio, per scoprire la nostra unità con Dio. Significa rompere ogni barriera tra l'ordinario e lo straordinario, tra la dimensione spirituale e quella secolare; scoprire l'unità tra Dio e la creazione: non dualità. Il più grande saggio dello Yoga in India, Patanjali, ha detto: “yoga è fermare o rilassare il movimento della mente (yoga citta vritti nirodah)”. In questo contesto, il termine yoga significa “pratica spirituale”. Lo scopo di tutte le pratiche spirituali è quello di fermare il movimento della mente. Il movimento della mente è il movimento del tempo psicologico, il movimento attraverso cui il passato entra nel presente e procede nel futuro. Questo è il movimento dell'ego separato dal nostro vero sé: proviene dal nostro senso di vuoto e causa sofferenza, perciò va fermato. La cessazione di questo movimento ci apre all'esperienza del Samadhi, che significa “essere uno con l'inizio”, che è il fondamento del nostro essere. Possiamo descriverlo anche come Dio. Questo yoga possiede due aspetti: viyoga e samyoga. Viyoga inerisce alla cessazione del movimento della mente; samyoga porta all'unione con l'eterno. Il pentimento consiste precisamente nel fermare il movimento dell'ego e scoprire la nostra unità con Dio. Questo è yoga.


Non possiamo descrivere che cos'è il silenzio. Possiamo solo dire che cosa non è. Il silenzio è assenza del movimento del desiderio, dell'ego, dello sforzo, della conoscenza e del tempo psicologico. In questo silenzio nasce la saggezza, la pienezza, la libertà,l'unità, la pace e l'amore. Questo silenzio manifesta l'eternità. Lo scopo della nostra umana esistenza è vivere nell'eternità, manifestarla nel tempo e nello spazio. Vivere nell'eterno presente. Questa è una vita di dispiegamento, diversa dalla vita del divenire, che implica il tempo psicologico. Il libro della Genesi descrive questa vita di dispiegamento come la vita nel Giardino dell'Eden. Nel Giardino dell'Eden l'umanità era nuda, senza ego alcuno, senza alcun desiderio né movimento in divenire e tempo psicologico. L'umanità viveva nel silenzio interiore. Il silenzio era uno stato naturale. L'umanità dispiegava la sua vita. Adamo ed Eva camminavano con Dio nel fresco della sera, cioè vivevano nella presenza universale ed inabitante di Dio. Non c'era senso del peccato o della colpa, del bene e del male. Ma una beatitudine inconscia. Essi ebbero desiderio di divenire consapevoli di questa beatitudine e armonia. Questo desiderio, se pure buono e giustificato, dette origine al tempo psicologico, e questo senso del tempo li costrinse fuori del Giardino dell'Eden, nel mondo della sofferenza. Era rotta l'armonia originale. L'umanità deve ritornare a questo suo stato originale, nello stato di libertà dal desiderio e di assenza della sofferenza psicologica. Il silenzio è l'assenza di ogni desiderio che derivi dal nostro senso di vuoto e di incompletezza. I desideri che invece sorgono dalla pienezza non causano sofferenza. Lo stato di silenzio è come un ventre vergine che può generare nuova vita. Una donna gravida (la mente) non può concepire un nuovo figlio fintanto che non diviene “vergine”, cioè finché il suo ventre non torna vuoto. Le nostre menti sono continuamente indaffarate, attive. Sono gravide. Non c'è posto per il silenzio. Il silenzio talvolta può perfino spaventare. In una vita di silenzio non diveniamo mai gravidi. Concepimento e nascita avvengono nello stesso momento. Non c'è alcun processo temporale, poiché è una dinamica nell'ordine dell'eternità. E' l'attualizzazione delle nostre potenzialità interiori, il dispiegamento della nostra pienezza.

Vorrei presentare qui tre figure archetipiche (della tradizione biblica) che ben rappresentano questa discontinuità del movimento del desiderio e l'apertura al silenzio: Abramo, Maria e Gesù.

Abramo: Abramo non aveva figli e non desiderava morire senza poterne avere. Egli desiderava un figlio che continuasse il suo lignaggio. Dio gli dette un figlio, Isacco, e questo rese Abramo molto felice. Ma Dio chiese ad Abramo di sacrificargli questo suo unico figlio. Deve essere stato davvero difficile per Abramo: ogni colta che leggo la storia, sento che Dio è stato davvero crudele con Abramo. Ma, nel meditare su ciò, ho compreso che fu Abramo ad essere crudele, poiché egli desiderava Isacco solo per il suo desiderio di continuità. Voglio dire che Isacco non era nato per sé, ma soltanto per essere la continuità di Abramo. Per questo motivo Dio ha detto ad Abramo che Isacco non era nato per il suo desiderio di continuità, ma per Dio, cioè per la vita eterna. Isacco era un'unica manifestazione di Dio e non sarebbe potuto essere usato per il proprio desiderio di continuità, che gli avrebbe, al contrario, tolto la vita. Ecco allora Dio che chiede ad Abramo di rendere ad Isacco la sua propria vita: il senso di questa richiesta sta nell'indicare ad Abramo che egli deve desiderare di morire libero dal suo futuro psicologico, libero da ogni spinta psicologica alla continuità. Inizialmente, però, Abramo pensa di dover sacrificare fisicamente Isacco; ma il problema non era l'Isacco fisico, piuttosto l'Isacco “psicologico” di Abramo, l'incarnazione del suo desiderio di continuità. Perciò, quando Abramo fu pronto a morire libero dal futuro ( obbedisce al comando di uccidere Isacco), Isacco ha indietro la sua propria vita. Ora Abramo vive e sceglie Isacco nell'ordine dell'eternità. Abramo, morendo al suo futuro, dà la vita ad Isacco. Abramo ha fermato il movimento del desiderio, del tempo, della continuità ed è entrato nel silenzio interiore. In questo silenzio interiore è accaduto il miracolo: la nascita dell'eternità. Se vogliamo vedere questo episodio in una prospettiva più ampia, Abramo rappresenta il passato, Isacco il presente. Attraverso il suo desiderare, il passato (Abramo) utilizzava il presente (Isacco) per proseguire nel futuro. Ciò significa che il passato uccide il presente e anche il futuro. Presente e futuro non sono altro che veicoli utilizzati dal passato per continuare. Perciò, se il passato vuol dare vita al presente e al futuro, esso deve morire. Solo morendo al desiderio di continuità il passato può dare vita al presente e al futuro. Quando si esaurisce la dinamica psicologica del passato, allora sorge il vero silenzio e ha luogo la nascita della libertà e dell'eternità.


Maria: Nella Cristianità abbiamo il racconto dell'immacolata concezione: la Vergine Maria che partorisce il Figlio di Dio. La Verginità non è semplicemente fisica, ma è anche spirituale. Spiritualmente una vergine è colei che porta discontinuità col Dio della storia, e partorisce il Dio dell'eternità. La Verità, o Dio, possiede due aspetti: uno storico ed uno eterno. Quando Mosé chiese a Dio il suo nome, Dio in primo luogo disse: “Io sono Colui che è”. Per Mosé fu difficile entrare in relazione con questo aspetto di Dio. Perciò Dio aggiunse che Egli era il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe: l'aspetto storico di Dio. Allora Mosé fu in grado di relazionarsi col Dio dei suoi antenati. Ma il Dio della storia desidera la continuità, divide gli esseri umani e chiede fedeltà. Perciò, gli esseri umani non potranno avere vera libertà e libera volontà; semplicemente, daranno continuità al passato. In questa prospettiva, il presente e il futuro non sono che veicoli per la continuità del passato. Questo Dio assomiglia ad Abramo che desidera avare dei figli che siano la sua continuità, e non figli dell'eternità. Per dare alla luce il Dio dell'eternità, c'è bisogno di una vergine che porti discontinuità col Dio della storia e partorisca l'eternità. Per donare all'umanità la vita e la libertà, il Dio (Padre e Madre) della storia deve morire al suo desiderio di continuità. Il Dio della storia vuole morire (come Abramo), ma gli esseri umani non lo permettono. Essi riducono Dio a Dio della storia e vogliono dargli continuità, pensando così di rendergli un gran servizio. Allora questo Dio diviene autoritario, domanda la sottomissione della volontà e dell'intelletto umano, ruba la libertà agli uomini. Nell'evoluzione della consapevolezza, gli esseri umani cominciano a sentire questo Dio come oppressivo e desiderano ripudiarlo, dichiarando la “morte di Dio”. Il silenzio è, tuttavia, la morte del “Dio della storia” e la nascita del “Dio dell'eternità”. E' la morte del “Dio dell'autorità” e la nascita del “Dio della libertà”.


Dio desidera che gli esseri umani siano liberi da questo Dio della storia e dell'autorità. In questo senso, la Vergine Maria fu scelta da Dio per abbandonare il Dio della storia (il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe) e partorire il Dio dell' “Io sono Colui che è”. Questo bambino, nato da una vergine, non è identificato col passato ma con l'eternità. Esso non sarà chiamato figlio di Giuseppe e Maria, ma Figlio di Dio. La saggezza è come un bambino: essa è incondizionata, non invecchia, resta sempre nell'ora, è il simbolo dell'eternità. Giuseppe e Maria si inginocchiano davanti a questo bambino e dichiarano: “ questo bambino non è nostro figlio, ma Figlio di Dio”. Questo bambino non è per la nostra continuità, ma è figlio dell'eternità. Essi perciò sacrificano il loro desiderio di continuità e scelgono per il bambino l'ordine dell'eternità, come già aveva fatto Abramo. In questo modo, essi divengono genitori vergini, proprio come Abramo. I tre saggi che vennero per rendere omaggio a Gesù bambino rappresentano simbolicamente la verità storica, il simbolo della conoscenza. E' una scena bellissima, dove si rappresenta la verità storica che cade ai piedi della verità eterna; la conoscenza ai piedi della sapienza; il passato ai piedi dell'eterno presente; gli anziani che si inginocchiano davanti al bambino e i genitori che venerano il loro proprio figlio. Tutto ciò rappresenta il passato che dà vita al presente rinunciando a se stesso. Il presente per il presente, e non per il passato o per il futuro. Il Natale è la nascita di questa eternità. Un evento reso possibile dalla cooperazione di una vergine. L'immacolata concezione, la nascita da vergine, accade in ogni momento della nostra vita. Ogni momento della nostra vita racchiude l'eternità. Ogni momento della nostra vita e Natale.


Re Erode rappresenta l'evento opposto. Egli vuole figli che perpetuino la sua stirpe; assomiglia ad Abramo prima del suo sacrificio. Per questo è stato considerato l'assassino di bambini innocenti. Scegliersi dei figli per la continuità dei genitori fisici o spirituali (le religioni) significa ucciderli. Erode si prese delle vite innocenti con violenza. In questo modo, egli è simbolo dei desideri nati dal nostro senso di incompletezza: desideri che creano violenza interiore e, di conseguenza, anche esteriore, creando un mondo di violenza. La Vergine Maria, diversamente, è simbolo del desiderio che nasce dalla pienezza: essa non desidera continuità, ma dà la vita ai suoi figli. La pace è con lei ed essa porta pace nel mondo. Alla nascita di suo figlio gli angeli appaiono e cantano:” Gloria a Dio nell'alto e pace in terra agli uomini di buona volontà”. Essa partorisce la Gloria di Dio e la pace.


Gesù Cristo: Gesù Cristo ha affermato: “Io sono la via, la verità e la vita: nessuno va al Padre se non attraverso di me”. Solamente una persona che vive nel silenzio interiore , la verità e la vita” nell'eterno presente può pronunciare questa affermazione. Questa affermazione ha due aspetti: libertà dal passato e libertà dal futuro. Affermare “Io sono la via, la verità e la vita” significa che sono completamente libero dal passato. Non seguo nessuno del passato, non sto dando alcuna continuità al passato. Sono persona originale e creativa. Decido ogni singolo momento della mia vita cosa fare e cosa non fare. Dispiego la mia vita, poiché il regno di Dio è qui e ora. Significa anche “non desidero continuarmi nel futuro, voglio che il futuro sia libero da me e possa come me dire 'Io sono la via, la verità e la vita'”.” Vivo per l'eternità e voglio che ciascuno viva per l'eternità e non per la continuità”. Vivere nell'eterno presente significa vivere nel regno dell'originalità e della creatività. In questo regno non si entra nelle tracce lasciate da altri, né si lasciano tracce per altri da seguire. E' la terra inesplorata. Probabilmente, questo è ciò che voleva dire Krishnamurthy quando affermava che “la verità è una terra inesplorata”. In questo regno ciascuno vive una vita originale e creativa. Non c'è maestro e non c'è discepolo. Ciascuno vive nell'ordine dell'eternità, e non della continuità. Vivere secondo l'ordine della continuità significa vivere meccanicamente, vivere un'esistenza umana di “seconda mano”. Desiderare la continuità equivale a uccidere il futuro. Gesù è entrato in questo regno del silenzio al momento del suo battesimo. Il battesimo di Gesù fu proprio il momento in cui egli uscì dal Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe ed entrò nel Dio dell'eternità: “Io sono colui che è”. In quel momento, Gesù realizzò anche la sua unità col Dio dell'eternità e disse: “Io e il Padre siamo uno”. “Nessuno viene al Padre se non attraverso di me”: questa affermazione significa nessuno è in grado di pervenire a quell'esperienza che permette di dire a Gesù “Io sono la via, la verità e la vita” e “ Io e il Padre siamo uno”, se non facendo ciò che egli fece: uscire dal Dio della storia (passato) ed entrare nel Dio dell'eternità. Questa è la via per tutti. Dice Gesù: “come il Padre possiede la vita per se stesso, così egli l'ha concessa al Figlio; io sono venuto per per donare la vita in abbondanza”. Avere la vita significa vivere nell'eterno presente. Solamente nell'eterno presente possediamo vera libertà e libero volere. Il tempo è liberato da tutto il peso del divenire, dal compito impossibile di raggiungere l'eternità attraverso il movimento. Dare la vita significa scegliere l'ordine dell'eternità e non quello della continuità. Significa donare agli altri libertà e libero volere, e non controllare. Gesù è venuto a donare la vita, perciò ha dovuto morire alla sua continuità. Morendo alla continuità psicologica, doniamo la vita agli altri. Abramo, Maria e Gesù sono morti ai loro desideri e hanno dato la vita ai loro figli. Gesù ha donato la vita ai suoi figli spirituali.


Abramo fu spiritualmente vergine, Maria fu spiritualmente vergine e Gesù fu spiritualmente vergine; i saggi delle Upanishad furono spiritualmente vergini; Buddha fu spiritualmente vergine e così Patanjali. Ognuno di loro hanno esaurito il movimento del desiderio e del senso di continuità, aprendo in questo modo la porta del silenzio e partorendo l'eternità e la libertà. Essi sono divenuti donatori di vita. Questa è la via per tutti. La vita ci invita tutti a divenire spiritualmente vergini. Solamente divenendo spiritualmente vergini permettiamo al silenzio di manifestarsi. Essere nel silenzio significa essere in uno stato di verginità spirituale. In questo stato virginale diamo alla luce la sapienza, l'eternità, l'unità, la libertà, l'umiltà, la creatività e l'amore. Partorendo diveniamo madri, pure non perdiamo la nostra verginità. Non perdiamo il nostro silenzio. Rimaniamo vergini. Questo è il mistero di una nascita e di una maternità virginale. Questo significa affermare che la nostra vita non è nostra, ma è la vita di Dio. Le nostre azioni non sono nostre, ma sono le azioni di Dio. I nostri figli non sono nostri, ma sono i figli di Dio. Nel linguaggio di Gesù, significa entrare nel regno di Dio. Scopriamo questo regno di Dio nella caverna dei nostri cuori, nel silenzio dei nostri cuori.

La Chandogya Upanishad dà una bellissima descrizione di questo silenzio interiore in cui nasce Dio.

Dice:

Nel centro del castello del Brahman, il nostro corpo,

c'è un piccolo santuario della forma del fiore di loto,

e al suo interno si può trovare un piccolo spazio. Dovremmo scoprire chi abita lì e desiderare di conoscerlo.

E se qualcuno chiede, “Chi abita in un piccolo santuario

dalla forma di un fiore di loto

nel centro del castello del Brahman?

Chi dovrebbe desiderare di scoprirlo e conoscerlo?”, possiamo rispondere:

Il piccolo spazio all'interno del cuore è grande come il vasto universo.

I cieli e la terra vi sono contenuti, e il sole e la luna

E le stelle: il fuoco e il lampo e i venti vi sono contenuti;

E tutto ciò che ora è e tutto ciò che non è:

poiché l'intero universo è in Lui e Lui abita all'interno del nostro cuore.”

Il piccolo santuario dalla forma di loto rappresenta il nostro Sé vergine, il nostro cuore spirituale. Il piccolo spazio è silenzio e in esso abita Dio. L'intera creazione è in Dio. Se Dio abita in noi, allora l'intera creazione è dentro di noi. Lo scopo di tutte le nostre pratiche spirituali è quello di aiutarci a esaurire il movimento dell'ignoranza e del desiderio. Questo ci aiuta ad entrare nel nostro santuario interiore, la caverna dei nostri cuori. Al suo interno scopriamo un piccolo spazio, il silenzio interiore. In quel silenzio scopriamo il completamento (compimento) delle nostre vite. In quel silenzio noi partoriamo libertà e amore. Quel silenzio dispiega la vita. La vita del “fruttificate e moltiplicatevi”. Questo significa manifestare gli attributi divini di amore e compassione nelle nostre umane relazioni.